di Anna Maria Colonna
Le mie “battaglie” le ho sempre fatte con la penna in
mano. E oggi nulla è tanto più urgente quanto scrivere. Così, dopo tempo, ripubblico
qualcosa sul mio blog, perché non riesco a stare in silenzio davanti ad una
battaglia che non è solo la mia. Gaza è responsabilità di tutti, è sotto gli occhi
di tutti. Gaza brucia, Gaza urla, Gaza implora aiuto e non possiamo restare a
guardare senza fare nulla. Dov’è finita l’umanità? Non siamo difronte a due
eserciti che si fronteggiano, ma ad un esercito – quello israeliano – che colpisce i civili palestinesi.
Da marzo, il numero di sfollati all’interno della striscia supera il milione di persone. I palestinesi si mettono in viaggio, fuggono, ma dove? Non c’è un posto sicuro per loro, per i loro bambini, per gli anziani inermi. È un esodo senza speranza, un viaggio per cercare di evitare di essere numeri nello sterminio. La popolazione è intrappolata tra bombe e macerie, senza cibo né acqua. Si colpiscono aree a ridosso dei pochi ospedali funzionanti, dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari, tende, carovane costipate di profughi in fuga verso il sud del Paese.
In media, 28 bambini muoiono quotidianamente sotto le bombe. Oltre 320mila bambini sotto i cinque anni sono malnutriti. Tantissimi quelli amputati, saltati in aria, ridotti in frammenti per essere nati nell’inferno. Il silenzio è complice di questa inaudita violazione dei diritti umani.
Oggi in classe non sono entrata. La mia aula è stata la piazza, la mia lavagna la bandiera della Palestina. Non voglio che tutto si riduca ad uno sciopero da “mettere in archivio” a fine giornata perché continuerò a raccontare ai miei ragazzi l’inferno di Gaza. Continueremo a leggere notizie insieme perché non si resti insensibili a qualcosa che sembra lontano da noi, ma che tocca tutti. Se educare vuol dire “ex-ducere”, “portare fuori”, allora è essenziale che si faccia emergere il lato umano, e non solo nozionistico, della scuola.
Oggi sono madre e i figli delle madri di Gaza sono pure figli miei. Sento quel dolore e non posso voltarmi dall’altra parte. Se “l’Italia ripudia la guerra” (Costituzione, articolo 11), lo faccia davvero, con convinzione, gridandolo con la stessa intensità con cui urla – di dolore – il popolo palestinese.