Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare (Tarkovskij).
La macchina perde olio e alla stazione di servizio sembra non voler proprio ripartire. Siamo ancora in Calabria, a diversi chilometri da Roseto Capo Spulico, la nostra prima tappa durante il viaggio di ritorno in Puglia. Come dice Carlo, bisogna essere disponibili ad inventarsi all'ultimo minuto. Per non smentirci, vogliamo farlo fino alla fine, anche on the road, mentre puntiamo nuovamente la bussola verso casa. Cambiamo la batteria. L'auto riparte, Marina cede il posto guida a Giuseppe, che si concentra, portandoci sani e salvi a Roseto. Qui dobbiamo riprendere l'auto di Pina, lasciata all'andata perché all'improvviso non frenava più. Da non credere, direbbe qualcuno. Invece è andata così.
L'avventura ha segnato ogni minuto di questo cammino dalla Puglia alla Calabria. Pochi giorni, intensi come non mai. Condivisi, allegri, spontanei, inventati sempre e per questo incredibilmente belli. Forse l'essenza di un'esperienza così, fatta insieme, sta proprio nella frase pronunciata dal sindaco di Riace (RC) quando ha accettato di incontrarci. Una manciata di parole per dire che la nostra percezione dell'altro si lega al cuore, non solo al cervello. Tutta una questione di cuore, vero. Soprattutto quando decidiamo di intraprendere un itinerario, breve o lungo che sia, in un posto diverso dalla quello che viviamo quotidianamente. Rimanere in superficie significa restare lontani... da un incontro, da un'amicizia, dalla ricchezza che viene dai rapporti umani, dalla bellezza di conoscere fino in fondo ascoltando chi ha da dire qualcosa.
Riace, conosciuta per il ritrovamento dei bronzi, è anche la città dell'accoglienza. I colori della pace coprono gli scalini di un anfiteatro all'ingresso del centro storico. Si contano milleottocento abitanti, di cui quattrocento migranti provenienti da venticinque Stati diversi. Loro hanno risollevato le sorti del paese, ripopolandolo e rimettendo in moto le attività economiche con botteghe artigiane. La raccolta differenziata porta a porta viene fatta con asini e carretto e l'apicoltura occupa parte degli abitanti. Fino agli anni Novanta il piccolo borgo si stava avviando lentamente ad
una fase di declino a causa dell'emigrazione
della popolazione locale. La prima associazione con propositi di accoglienza nata qui più di
dieci anni fa è stata Città Futura, intitolata a don Giuseppe
Puglisi, parroco siciliano ucciso dalla mafia nel 1993.
Ascoltiamo con curiosità quello che il Sindaco ci racconta, poi visitiamo le botteghe e continuiamo a fare domande. Consuelo ci accompagna nel tragitto. Lei, che ci ha aperto le porta di casa sua a Bovalino (RC), permettendoci di dormire nei sacchi a pelo nei locali di una parrocchia. Tutta una questione di cuore, vero. Esempi che lo confermano.
Come quando a tavola si sta in quattordici e il pranzo viene preparato e finito con gusto, dopo una mattinata al mare. Non importa se ci si conosce poco o molto, la condivisione è figlia della voglia di stare insieme. O come quando si accende un falò in spiaggia e i panini con salsiccia e rucola sono i più buoni al mondo perché ognuno ha fatto qualcosa per prepararli. O come quando il bagno al buio sotto la luna sa di freddo, ma tanto c'è il fuoco a riscaldare dopo. O come quando alle 3 di notte la chitarra suona ancora e le voci cantano e raccontano esperienze. E qualche stella ancora cade.
Scavi archeologici di Locri
Tra la festa patronale di Gerace (RC) e la visita agli scavi archeologici di Locri, con il profumo delle piante di rosmarino a stuzzicare le narici, abbiamo vissuto tutto questo. E ci sono stati i caffé per tenersi svegli, il festival degli artisti di strada a Gioiosa Jonica, il bagno nel mare calmo di Montegiordano (CS) al tramonto, sulla via del rientro. E le strette di mano, le chiacchierate e il pensiero continuo di quanto sia bello sentirsi a casa ovunque.
Le distanze non sempre separano. Spesso aiutano a sentirsi liberi di camminare per raggiungere qualcuno, qualcosa. Se stessi. E viene spontaneo dire grazie, perché percepisci quell'entusiasmo che vuole scoppiarti dentro. E sei pronto a ripartire, magari per un altro viaggio, per ulteriori percorsi, anche non troppo lontani. Perché il viaggio cambia la visuale, apre orizzonti, fa scoprire nuove prospettive. Sempre.
Grazie a tutti coloro che, pur non nominati nel reportage, hanno partecipato a questa avventura.
Grappoli di nuvole contornano montagne dalle vette imbiancate. 16 agosto. Le nuvole viste dall'alto hanno tutt'altro sapore, soprattutto se ci voli sopra. Non so dove siamo, è tardo pomeriggio e il sole si affaccia su un paesaggio di vette e paesini. Forse Francia. O Svizzera.
Il volo Dublino-Roma Fiumicino gioca con i silenzi dei viaggi che finiscono. Ricordi, emozioni, incontri sono tutti nella stiva, insieme ai bagagli.
Quindici giorni. Tanti, pochi... volano. È proprio quando i luoghi cominciano a diventare familiari che devi lasciarli per tornare. Peccato, ti dici, mi sentivo già a casa. Succede quando vivi le esperienze fino in fondo. Nel profondo. Trattieni i minuti per non farli passare, perchè stai bene. Ma il tempo passa lo stesso e arriva il momento dei saluti.
I viaggi sono fatti di passi e di passeggiate, di parole dette, ma anche di quelle non dette e solamente pensate. Un posto lo vivi se lo scopri calandoti in tradizioni e culture differenti. Lo vivi se, da nomade in ricerca, parli con la sua gente, ne assaggi i piatti tipici, ti nutri di una quotidianità nuova. Punti di vista.
Associo Bray, a un'ora di treno da Dublino, al profumo dello zenzero. Da quando sono arrivata in Irlanda, il 2 agosto, non c'è stato giorno in cui non abbia mangiato almeno un biscotto con questo sapore.
E la croce sul promontorio, raggiunta a piedi in uno dei rari pomeriggi senza pioggia. Il vento, il mare e una linea sottile che solca l'orizzonte. Si vede l'infinito da lassù, con 15 gradi in piena estate, un piumone color sabbia sul letto e la tisana bollente già pronta per la sera.
Il centro, con i suoi pub e i negozietti per lo shopping, è distante circa venti minuti a piedi dall'ATC Language, la scuola di inglese che ho frequentato a Bray per quindici giorni. C'è il mondo qui: giapponesi, brasiliani, messicani, spagnoli, francesi, italiani, russi. Si stringono amicizie importanti perché lezioni, escursioni, uscite, birre vengono tutte condivise. Si organizza insieme e ci si racconta quotidianamente.
E c'è la serata crepes, la spaghettata, la notte sui ciottoli in riva al mare per tentare di vedere anche solo una stella che cade. E la luce del giorno alle 10 di sera, e le pinte di Guinness all'Hibernia con il brindisi in spagnolo... e la musica irlandese che diventa italiana quando gli artisti suonano Volare di Domenico Modugno.
Bray, per me, è stato tutto questo. A Bray, ogni mattina, prima della lezione di inglese, puoi passeggiare sulla riva e raccogliere i pensieri. Puoi fermarti al supermercato per scoprire che quattro panini ai cereali costano dodici centesimi. Puoi lasciare libri e prenderli gratuitamente perchè qualcuno ha messo all'ingresso della sua abitazione una minilibreria in legno. E puoi anche mangiare cibo indiano a lume di candela o coccolare la gola con un piatto pieno di fish and chips. Puoi addolcire la giornata con l'apple pie o con un cookie gigante.
In Irlanda tutto parla e tutto lascia senza parole... anche l'irish coffee o il Bayles coffee servito con panna e cioccolato. O l'insalata con quinoa e avocado che preparano al Platform. Poco lo spazio di una pagina virtuale per farci entrare l'anima che ogni viaggio fa rinascere.
Perché, forse, la vera essenza di ogni cammino sta nel viverlo camminando.