di Anna Maria Colonna
Le voci, poi il silenzio. È quasi l’alba quando ci
addormentiamo all’ombra dei trulli di Sant’Angelo, a Santeramo (Ba), nel cuore
del Parco nazionale dell’Alta Murgia. Sotto il cielo, nelle tende illuminate
dalla luna piena. «Mi piace pensare che la luna sia lì, anche se io non guardo»,
scriveva Albert Einstein. È bello pensarlo mentre le ultime parole cadono insieme
alla musica che viene dal paese.
La luna sta lì, ferma. Instancabile. Si vede e colora di
trasparenze le contrade solitarie della Murgia barese. Blu, anche se ha il
colore della luce e del grano. Blu perché il buio sa di fresco e perché per la
seconda volta in un mese mostra il suo volto per intero. Rarità. Spettacolo
gratuito della natura, generosa distributrice di bellezza.
La luna fa da bussola durante l’escursione notturna verso la
grotta carsica di Sant’Angelo, a quattro chilometri da Santeramo, sulla strada
per Altamura. Un gruppo di sessanta persone guidato da Irene percorre cinque
chilometri a piedi, vagando tra corridoi e sentieri di pietra e di terra. Età
varie, provenienze diverse.
A tratti il profumo del timo e del finocchietto selvatico solleticano
le narici e indicano la strada. La marcia sembra decisa, spedita. Il caldo
intenso del pomeriggio cede il posto alle stelle, coperte da un manto luminoso
e sfumato. Camminare è un po’ raccontare i pensieri tacendo. Ad ogni passo, l’inchiostro
raccoglie e dice. La fotografia rapisce e mostra. Lo sguardo va oltre, coglie e
conserva.
L’arrivo a Sant’Angelo viene accolto dal profumo buono della
carne arrosto. Pane e pignata fanno il resto. Nella nuda semplicità del
paesaggio, la vegetazione ingiallita dal caldo diventa il tappeto su cui tutti siedono.
Sullo sfondo, i due trulli sembrano farsi compagnia, abbracciati da secoli.
La serata, intitolata «Archeomoon», è stata organizzata dall’archeoclub «Don Ignazio Fraccalvieri» di Santeramo in Colle, guidato dal 36enne Antonio
Laselva, medico, speleologo e appassionato cultore di archeologia. Insieme a
Ilaria e al suo gruppo, si batte da anni per la tutela e valorizzazione del
complesso di Sant’Angelo, masseria abbandonata che nasconde una chiesa
risalente al XII secolo e menzionata per la prima volta in un documento del
1136.
Da tale edificio, tra l’altro, attraverso un’apertura e una
ripida rampa, si può accedere ad un ipogeo dedicato all’antico culto di san
Michele, motore di numerosi pellegrinaggi. Qui l’acqua scava e crea da secoli,
giocando con il calcare della roccia. Resti di affreschi, di graffiti - croci,
stelle a cinque punte, esagoni, una nave - e di iscrizioni latine e greche costellano
le pareti della grotta.
I dipinti medievali, frammentari e fortemente danneggiati
dal tempo e dall’incuria, mostrano la discesa dello Spirito Santo, un Cristo pantocratore
affiancato dagli apostoli, san Michele e una Vergine con bambino. Lo zampino
dei vandali non passa inosservato.
Durante la serata, sulle pareti esterne del complesso rurale
è stato proiettato un video sul progetto «Sant'Angelo» e sul restauro virtuale
degli affreschi della grotta-santuario. I lavori sono alla fase iniziale. Da
alcuni giorni si sta procedendo alla rimozione del detrito di massi e terra che
ostruisce parte della cavità. L’intervento è stato possibile grazie alla
collaborazione tra Archeoclub di Santeramo - che ha ottenuto un finanziamento
dal Consiglio dei ministri, dipartimento della Gioventù, - e la Soprintendenza
ai beni archeologici della Puglia, con un progetto di intervento finanziato dal
Ministero dei beni culturali, su richiesta dell'Amministrazione comunale.
Dopo il dolce, molti vanno via, qualcuno resta. Lo scenario è
magico, l’atmosfera pure. Passo breve dalla notte al giorno. Le prime luci del
sole fanno da sveglia a chi ha dormito poco, ma bene. Colazione con more,
anguria e caffè ghiacciato prima degli ultimi saluti.
Conoscere resta da sempre il presupposto per valorizzare e
tutelare. In fondo, è conoscendo che si amano luoghi, persone, storie ed
esperienze.
Colonna sonora: Glenn Miller, Moonlight serenade
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