Abruzzo-Puglia. Un tragitto lungo quasi otto ore. Lascio alle
spalle nuvoloni imbevuti di pioggia per ritrovare il cielo azzurro delle
colline murgiane. Il treno è pieno. A farmi compagnia, il libro di un viaggiatore con la passione per l’Arte.
Manca lo spazio per sfogliarne le pagine, che profumano ancora di nuovo. Trovo
un angolino comodo per sbirciare tra le immagini. Ma lo sguardo, a tratti, è
rapito dai paesaggi che si intravedono dal finestrino. Una tavolozza di colori
autunnali, sebbene la terra sia abitata dall’inverno. Metto da parte ogni altro
pensiero per immergermi nel fluido scorrere della penna.
Antonio Di Pillo, Chierico |
Nato a Pratola Peligna (Aq) nel 1909, lo scultore Antonio Di Pillo ha
scelto di trascorrere quaranta anni in Puglia, a Trinitapoli, rapito dalle
bellezze del Tavoliere e del tacco d’Italia. Per le sue opere, non raramente
utilizzava l’argilla ricavata dalle sorgenti del fiume Sagittario, che scorre nella
terra natia. Penso a quanto sia strana la vita, a volte. Io, pugliese,
innamorata dell’Abruzzo, mi imbatto per caso nelle opere di un abruzzese che ha
amato profondamente la Puglia. È il mistero degli itinerari che conducono
nei posti più impensabili. Il mio
viaggio si è fermato proprio a Pratola Peligna, dove l’Arte di Di Pillo ha
visto la luce. Dove ne ho conosciuto la vita. Le sue opere sono sparse tra
musei e collezioni private. Solamente pochi mesi fa si è conclusa una mostra di
sculture ospitata nella pinacoteca provinciale di Bari ed allestita in
occasione del ventennale della morte.
Nel 1941 Di Pillo lascia l’Abruzzo per trasferirsi a
Trinitapoli. Nel 1951 si sposta a Roma, dove apre uno studio in via Nomentana.
Negli anni Sessanta torna definitivamente a Trinitapoli e qui rimane per circa
trent’anni, fino all’ultimo respiro. Il legame con la Puglia è segnato anche da
una donna, sua moglie, Angela Maria Iolanda Troysi, originaria di Trani. Schivo
e riservato, inquieto e sempre alla ricerca di un posto in cui sostare, Di
Pillo lo trova in Puglia, la sua regione di «adozione». Giovanissimo, frequenta la Regia scuola d’Arte
di Sulmona, imparando a lavorare la pietra bianca della Majella nelle botteghe.
Inizia con i «cocci», teste-ritratto di donne e contadini abruzzesi. Continua con
nudi, busti, bassorilievi, crocefissi, sculture sacre. Terracotta, bronzo,
pietra. Abruzzo e Puglia si intrecciano.
Trinitapoli |
Il treno continua a correre, le pagine scivolano sotto i miei
occhi, come la penna sul foglio. Dal Centro al tacco d’Italia, ripercorrendo il
viaggio di Di Pillo. Torno in Puglia, ma continuo a sentirmi profondamente ed
inspiegabilmente legata alla terra natia dello scultore. La ritrovo in uno
stralcio scritto di suo pugno:
Pratola Peligna |
...il paese di mia madre, dove io sono nato e lungamente vissuto, non è come uno di quei tanti paesini abruzzesi appollaiati come presepi sulle falde di un monte o tra le gole rocciose di una montagna, dove la neve si scioglie solo a giugno. Il paese di mia madre si stende su una degradante collina al centro di una silenziosa valle. Il monte Morrone e il Sirente sembrano fargli da contrafforti, il Gran Sasso, la Maiella e l'eremo di Celestino V lo guardano da secoli.
Ci penso. Ridipingo Pratola con la mente. Sarà difficile da cancellare.
Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it
Il reportage si può leggere anche sul blog di Radio L'Aquila 1 (http://blog.rl1.it/?p=527).
Si ringraziano Alessandro Di Nisio e Paesaggi d'Abruzzo (http://www.paesaggidabruzzo.com/).
Il reportage si può leggere anche sul blog di Radio L'Aquila 1 (http://blog.rl1.it/?p=527).
Si ringraziano Alessandro Di Nisio e Paesaggi d'Abruzzo (http://www.paesaggidabruzzo.com/).
Grazie per la tua continuità nel far conoscere "uomini" e "mondi" sconosciuti attraverso i tuoi viaggi, disancorata da quel museo di abitudini e dall'ordinato ripetersi dei giorni e dei luoghi, cui siamo intrappolati noi terrestri.
RispondiEliminaUn buon anno di successi e soddisfazioni.
Nicola Carrabba
Grazie a te, Nicola, per l'attenzione e per l'augurio. Mi piace, spesso, ricordare una frase di Charles Baudelaire che rappresenta un po' lo "spirito" di Terre Nomadi: "Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre Andiamo e non sanno perchè. I loro desideri hanno le forme delle nuvole". I viaggi migliori sono quelli improvvisati perché riescono a restituire agli uomini la capacità di meravigliarsi. Un in bocca al lupo a te per le tue attività.
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