giovedì 24 ottobre 2013

Sierra Tarahumara, il Messico che non si racconta

Il luogo visto dagli occhi dei testimoni

di Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it

Sognando un futuro a Bawinokachi
Il racconto di un viaggio ai margini del mondo si scioglie sotto l’inchiostro della biro nera, che toglie il freno alle parole. Undici pellegrini percorrono le montagne impervie e i profondi canyon della Sierra Tarahumara, territorio dai paesaggi mozzafiato del Messico settentrionale. Casa dei tarahumaras o rarámuri, uomini e donne dai «piedi leggeri». Capitomboli di ricordi si imbattono in don Alberto. Non tace, lui, di fronte allo stupore del silenzio. «È la terra delle rocce che dagli abissi si protendono verso il cielo», dice. E, sottovoce, la riflessione prende corpo in quella «terra lontana, periferica, abisso di povertà, ma cuore di umanità». Il pensiero torna lì in un batter d’occhio. Tempo senza spazio della memoria.

La giornata promette sole. Alcuni sono partiti da Venezia, altri da Milano. L’appuntamento per raggiungere Città del Messico è a Madrid. Il gruppo atterra all’aeroporto di Chihuahua e si avventura nella Sierra dai villaggi isolati, raggiungibili solamente percorrendo i sentieri sterrati. Attraversa il territorio dei raràmuri, un’etnia indigena molto povera. 

A lezione da Madre Olga
«Arrivati a Cuauhtemoc, cittadina a circa cento chilometri dalla capitale, incontriamo hermana Olga, superiora della comunità di suore di Carichi», spiega Gino Prandina. «Iniziamo subito la visita alla comunità religiosa dei mennoniti, stabilitasi negli anni venti nel nord del Messico. Se una volta - continua - si dedicavano al lavoro nei campi e alla vita in famiglia, senza elettricità, oggi possiedono automobili e hanno sviluppato un’attività industriale all’avanguardia. Arriviamo a Carichi, dove veniamo accolti dalle suore e dalle centocinquanta bambine dell’internato. Madre Olga - sottolinea ancora Prandina - ha avviato il corso di formazione professionale per la lavorazione del cuoio attraverso l’incisione. Purtroppo una quarantina di ragazze dormono per terra perché mancano i soldi per costruire il dormitorio». 

Un sorriso a Sisoguichi
Le forti piogge, intanto, ingrossano fiumi e torrenti. Il gruppo non riesce a raggiungere Bawinokachi, ma si ferma a San Juanito e a Sisoguichi. Per la notte si trasferisce alla Cabañas del Salto, cinque chilometri di strada sterrata e di montagna. «Il paesaggio è stupendo - racconta Prandina - e un torrente, ingrossato dalle piogge, corre sui salti e forma alte cascate. Le tre casette assegnateci sono di legno, con caminetto e senza energia elettrica. A lume di candela e con il caminetto acceso ceniamo con i resti del pranzo».

Cerro Gallego



Creel, centro commercialmente importante, è anche il baricentro del traffico di droga. Da qui i viaggiatori volontari prendono il treno per Cerocahui, località amena in cui si coltiva l’uva per la produzione di un vino dal sapore sfumato. I messicani stanno festeggiando l’Indipendenza. Tutto il villaggio è verde, bianco e rosso, i colori della bandiera. Il paesaggio che circonda Cerro Gallego e Urique esplode di verde e di fiori. Al villaggio di Norogachi, madre Stella sforna per gli ospiti fagioli e gustose frittate.

Guachochi, capoluogo della Sierra, è l’ultima tappa del viaggio. Il gruppo si reca al centro Repabé, ma lo trova chiuso per l’imminente arrivo di un uragano, che fortunatamente si sposta altrove. La visita viene rimandata al giorno dopo. «Bellissima la giornata trascorsa a Chineachi, che ci ha dato l’opportunità di vedere tante famiglie rarámuri riunite e di assistere ad alcuni dei loro gesti abituali», testimonia Elena.

A Norogachi
Sterminati campi di mais e di mele incorniciano le testimonianze di un viaggio insolito e insolitamente raccontato. Perché il Messico mostra al mondo il volto turistico, non quello povero del disagio sociale ed economico. Miseria che diventa consapevolezza. Miseria che non è disperazione, perché gli abitanti sanno ancora sorridere. Nonostante tutto.









Terre Nomadi ringrazia la fondazione Fratelli dimenticati onlus per le testimonianze di viaggio rilasciate e per le fotografie.

Colonna sonora: Lorenzo Cherubini (Jovanotti), Le tasche piene di sassi













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