Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare (Tarkovskij).
Il racconto di un viaggio ai margini del mondo si scioglie
sotto l’inchiostro della biro nera, che toglie il freno alle parole. Undici
pellegrini percorrono le montagne impervie e i profondi canyon della Sierra
Tarahumara, territorio dai paesaggi mozzafiato del Messico settentrionale. Casa
dei tarahumaras o rarámuri, uomini e donne dai «piedi leggeri». Capitomboli di
ricordi si imbattono in don Alberto. Non tace, lui, di fronte allo stupore del
silenzio. «È la terra delle rocce che dagli abissi si protendono verso il
cielo», dice. E, sottovoce, la riflessione prende corpo in quella «terra
lontana, periferica, abisso di povertà, ma cuore di umanità». Il pensiero torna
lì in un batter d’occhio. Tempo senza spazio della memoria.
La giornata promette sole. Alcuni sono partiti da Venezia,
altri da Milano. L’appuntamento per raggiungere Città del Messico è a Madrid. Il
gruppo atterra all’aeroporto di Chihuahua e si avventura nella Sierra dai
villaggi isolati, raggiungibili solamente percorrendo i sentieri sterrati.
Attraversa il territorio dei raràmuri, un’etnia indigena molto povera.
A lezione da Madre Olga
«Arrivati a Cuauhtemoc, cittadina a circa cento chilometri
dalla capitale, incontriamo hermana Olga, superiora della comunità di suore di
Carichi», spiega Gino Prandina. «Iniziamo subito la visita alla comunità religiosa
dei mennoniti, stabilitasi negli anni venti nel nord del Messico. Se una volta
- continua - si dedicavano al lavoro nei campi e alla vita in famiglia, senza
elettricità, oggi possiedono automobili e hanno sviluppato un’attività
industriale all’avanguardia. Arriviamo a Carichi, dove veniamo accolti dalle
suore e dalle centocinquanta bambine dell’internato. Madre Olga - sottolinea
ancora Prandina - ha avviato il corso di formazione professionale per la lavorazione
del cuoio attraverso l’incisione. Purtroppo una quarantina di ragazze dormono
per terra perché mancano i soldi per costruire il dormitorio».
Un sorriso a Sisoguichi
Le forti piogge, intanto, ingrossano fiumi e torrenti. Il
gruppo non riesce a raggiungere Bawinokachi, ma si ferma a San Juanito e a
Sisoguichi. Per la notte si trasferisce alla Cabañas del Salto, cinque
chilometri di strada sterrata e di montagna. «Il paesaggio è stupendo -
racconta Prandina - e un torrente, ingrossato dalle piogge, corre sui salti e
forma alte cascate. Le tre casette assegnateci sono di legno, con caminetto e
senza energia elettrica. A lume di candela e con il caminetto acceso ceniamo
con i resti del pranzo».
Cerro Gallego
Creel, centro commercialmente importante, è anche il
baricentro del traffico di droga. Da qui i viaggiatori volontari prendono il
treno per Cerocahui, località amena in cui si coltiva l’uva per la produzione di
un vino dal sapore sfumato. I messicani stanno festeggiando l’Indipendenza. Tutto
il villaggio è verde, bianco e rosso, i colori della bandiera. Il paesaggio che
circonda Cerro Gallego e Urique esplode di verde e di fiori. Al villaggio di Norogachi,
madre Stella sforna per gli ospiti fagioli e gustose frittate.
Guachochi, capoluogo della Sierra, è l’ultima tappa del
viaggio. Il gruppo si reca al centro Repabé, ma lo trova chiuso per l’imminente
arrivo di un uragano, che fortunatamente si sposta altrove. La visita viene
rimandata al giorno dopo. «Bellissima la giornata trascorsa a Chineachi, che ci
ha dato l’opportunità di vedere tante famiglie rarámuri riunite e di
assistere ad alcuni dei loro gesti abituali», testimonia Elena.
A Norogachi
Sterminati campi di mais e di mele incorniciano le
testimonianze di un viaggio insolito e insolitamente raccontato. Perché il
Messico mostra al mondo il volto turistico, non quello povero del disagio
sociale ed economico. Miseria che diventa consapevolezza. Miseria che non è
disperazione, perché gli abitanti sanno ancora sorridere. Nonostante tutto.
Terre Nomadi ringrazia la fondazione Fratelli dimenticati onlus per le testimonianze di viaggio rilasciate e per le fotografie.
Colonna sonora: Lorenzo Cherubini (Jovanotti), Le tasche piene di sassi
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