di
Anna Maria Colonna
terrenomadi@gmail.com
Inseguire il corso di un fiume. Percepirne l’eco. Dove
inizia e dove finisce la sua voce? Claudio Magris racconta i suoi quattro anni
di viaggio lungo le rive del Danubio.
Qualche volta penso ai segreti che i fiumi riescono a
custodire. Rubano i raggi al sole, le foglie agli alberi. Scorrono, portandosi
via la luce dei tramonti, la pioggia dei temporali, i riflessi e i silenzi
della notte.
I fiumi sembrano fuggire. Inseguire. A tratti rallentano.
Per riprendere fiato, forse. Per ascoltare i suoni della natura. O per non
farsi sentire dall’uomo. Vestiti di limpidezza, si negano al tempo, che
vorrebbe fermarli.
«Il
cielo è azzurro fiordaliso, la luce dei fiumi e della collina si fonde,
gloriosa e gioiosa, con l’oro e col marmo carnicino dei palazzi e delle chiese,
il bianco della neve, l’odore dei boschi e la frescura delle acque imprimono
una gentilezza delicata e nostalgica alla magnificenza episcopale e aristocratica
degli edifici, riscattano con un’aura di lontananza la linea chiusa e rotonda
delle cupole e delle vie che si snodano sotto archi e portici».
|
Passau, la città dei tre fiumi |
Respiro questo magnifico paesaggio. Mi sembra quasi di
vederlo. Lo sguardo si perde nei colori di Passau (Germania), meglio conosciuta
come la città dei tre fiumi. Qui, infatti, l’abbraccio di Danubio, Inn e Ilz
crea quella che viene denominata Das Venedig Bayerns, la Venezia della Baviera.
È la
penna di Claudio Magris a fotografare l’atmosfera incantata della descrizione. Danubio, tradotto in più di diciassette
lingue, raccoglie quattro anni di viaggio (1982-1986) dell’autore triestino
lungo il corso del Danubio.
Dalla Foresta Nera a Vienna, a Belgrado, a Budapest, Magris
insegue «il simbolo della
frontiera, perché il Danubio è un fiume che passa attraverso tante frontiere… il
viaggio danubiano è pure un viaggio nei propri inferi e in quella Babele del
mondo odierno che certamente ha nella Mitteleuropa un suo simbolo particolare».
Le riflessioni dell’autore sembrano assumere il ritmo cadenzato
di un valzer di Strauss. E i secoli, seduti sulle rive del fiume, si addormentano.
Cullati da una melodia particolare. Suonata dall’acqua. Danzata dal vento.