di Michele Franceschini
mfranceschini.vr@gmail.com
Arriva un momento in cui le cose non girano come tu vorresti.
Ti senti parte di un meccanismo che a tratti sai che si incepperà. Fai due respiri,
entri da quella porta. La stessa porta che, qualche anno prima, era stata
speranza di un sogno e salvezza dalla monotonia di un lavoro che non ti
piaceva.
Trattieni il fiato e capisci che è giunto il momento. Dai le
dimissioni dallo studio di produzione nel quale hai passato la maggior parte
della tua vita negli ultimi anni. Dai le dimissioni e ti senti finalmente
libero e pronto a reinventarti in un mondo in continuo cambiamento.
Illusione che, dopo qualche ora, viene infranta da una
chiamata ignota a cui non si può dire di no. E già il giorno dopo sei negli
uffici della questura per chiedere il passaporto. Una telefonata che mai ti saresti
aspettato e che si può riassumere nella parola Eurasia.
Ebbene sì. Dopo neanche un paio d’ore nel mondo dei precari
italiani, due ragazze mi chiamano per chiedermi di partire. Una di quelle avventure
che ti cambia dentro. Milano-Tokyo in macchina, con scopo benefico. Incontrare
donne di tutto il mondo e capirne la reale condizione, tutto spesato e
sponsorizzato da grandi brand, come Peugeot e Gazzetta dello sport.
Perché io? il motivo è semplice ed emozionante. Io e la mia
telecamera avremmo immortalato ed impresso nel tempo questo percorso di 19.427
chilometri.
Il viaggio è durato due mesi e mezzo, molto di più dentro di
me. Innumerevoli volte il paesaggio è mutato mentre inseguivamo la meta. Innumerevoli
volte ho ritrovato voci, parole, lingue e armonie diverse. Eppure mi sono sentito
sempre a mio agio, immerso in un fluido comune, sotto uno stesso ombrello blu.
Lo chiamiamo cielo.
Ho incontrato le Femen in Ucraina, monache e monaci
tibetani in terra cinese, le donne conforto in Corea del Sud, una tatuatrice
maledetta in Giappone, la ragazza più bella del villaggio in Tagikistan, giovani che, nel deserto roccioso, stavano andando in bicicletta in India.
Partendo dalla Germania, ho incontrato... quante anime ho incontrato. Quanti
gusti e profumi ho scoperto. Quante volte mi sono incontrato pure io, che da un
po’ non vivevo il brivido dell’incertezza nello sconosciuto.
Si viaggiava chiedendo ospitalità, montando la tenda sul
ciglio della strada e, nell’impossibilità, prendendo una stanza in un ostello o
in un motel di passaggio. Quante cose da rivivere e da raccontare. Quante cose da
filmare.
Colonna sonora: Paper Lions, Travelling
Nessun commento:
Posta un commento