annamaria9683@libero.it
Andare e tornare. Un gioco di parole racchiuso in gomitoli
di strade. Si contano migliaia di partenze senza ritorni. E ritorni che
diventano nuove partenze. Non è facile mischiare le lettere e creare sulla
carta itinerari inesplorati. Chi ha il cuore nomade, non può costruire la
propria casa in un unico luogo. Si ferma per riprendere fiato. Poi torna a
camminare, inseguendo quell’inquietudine che spinge l’uomo alla ricerca.
Sempre.
Dacia Maraini aveva un anno quando lasciò Fiesole e si
imbarcò con la sua famiglia per il Giappone. A tre andava su e giù fra Sapporo
e Kyoto. «E poi - scrive - ho sempre continuato, da un Paese all’altro, da una
città all’altra, con la cocciutaggine un poco distratta di chi conosce il
sapore aspro ed inconfondibile del nomadismo».
La sua penna traccia itinerari. Parole che si rincorrono fra opere teatrali, romanzi, poesie, racconti. Un nomadismo che coinvolge la scrittura stessa. Sedotta dall’altrove, Dacia Maraini non ha mai smesso di amare il viaggio, inseparabile compagno d’infanzia. La scrittrice, come ogni viaggiatore, «non ha una vera casa e se ce l’ha, in cuor suo, l’ha già persa da tempo». Dal Giappone alla Sicilia. Poi il ritorno a Fiesole. La partenza per Roma.
Dacia Maraini tratteggia affascinanti itinerari attraverso
racconti e articoli raccolti in un libro, «La seduzione dell’altrove». Pagine
che rapiscono il lettore per condurlo nell’Africa nera delle savane, nelle
baraccopoli avvolte dai fumi della diossina, in Europa, in Oriente, passando dagli
Stati Uniti e dalle città del Sudamerica.
Colpisce non solo la descrizione dei luoghi, ma anche il
confronto fra culture e tradizioni differenti. Guidata dalla libertà e dalla
ragione, Dacia Maraini non ha mai smesso di porsi domande. Un viaggio può
cambiare chi lo compie? A volte la nostalgia del ritorno prende il sopravvento
e costringe ad andare «con o senza valigia». Anche se «i sapori del ritorno non
sono gli stessi dei cibi che si mangiano ogni giorno e che si riconoscono ad
occhi chiusi».
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