Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare (Tarkovskij).
lunedì 30 settembre 2013
Da Canterbury a Roma, un pellegrino si racconta
Intervista ad Alessandro Caponio, a piedi sulla Via Francigena
Vive a Cassano delle Murge (Ba), ma ha studiato economia del turismo ad Assisi. Alessandro Caponio, 44 anni, è uno dei tanti pellegrini che percorrono a piedi - o anche in bicicletta e a cavallo - l'antica Via Francigena da Canterbury a Roma. Un itinerario figlio del Medioevo e di Sigerico, arcivescovo di Canterbury, che nel X secolo si recò a Roma per ricevere dal Papa il pallium, il mantello sacro.
Cammino tra i cammini francigeni, ragnatele di percorsi medievali sulle tracce delle reliquie dei santi. La tomba dell'apostolo Pietro, la Terra Santa e Santiago di Compostela erano, all'epoca, le mete più gettonate.
Alessandro, le presentazioni a Terre Nomadi sono dovute...partiamo dalle tue prime partenze...
I miei «pellegrinaggi» hanno avuto inizio per motivi di lavoro. Dopo brevi esperienze a Fiumicino, sono volato a
Dublino per un anno e mezzo, lavorando per una delle maggiori aziende di
autonoleggio al mondo. Dal 2003 mi trovo stabilmente in Puglia. Mi occupo,
al momento, di organizzazione di viaggi dalla A alla Z. Oltre
a questo, sono istruttore nazionale della scuola italiana Nordic
Walking. Un'attività sportiva non agonistica che si svolge
esclusivamente nella natura, nata alla fine degli anni '90 in Finlandia. Da qui il nome Nordic. Un anno fa, con altri istruttori della zona, ho creato la Sud Nordic Walking Asd. Vogliamo diffondere
questa attività nel nostro territorio, unire sport, benessere e natura. Inoltre, suono il contrabbasso in una swing band, la RetròGusto Band. Insomma, diciamo che non ho il tempo di annoiarmi.
Alessandro con la compagna
Perché - e quando - la decisione di percorrere la via Francigena, a piedi, dall'Inghilterra a Roma? Sei partito da solo?
Il
Nordic Walking mi ha avvicinato sempre più al mondo del cammino e, in particolare, dei lunghi cammini, che preferisco decisamente alle «passeggiate ed escursioni giornaliere». Da
anni ero molto insoddisfatto del mio lavoro part time in un call
center, con uno stipendio misero, ma mi trascinavo per il timore di un futuro incerto. Una voce di rottura cresceva sempre
più forte, finchè, a marzo 2012, mi sono imbattuto nel blog di
Cristina Menghini, una pellegrina Doc e globetrotter. Due anni prima
aveva percorso, in solitaria, tutta la Via Francigena fino a Roma. Si è accesa la lampadina, anzi... il sogno! Sarei partito il 28
giugno dello stesso anno da Canterbury. L'arrivo, tre mesi dopo, il 20 settembre,
a Roma. Sono
partito da solo, è un'esperienza molto più significativa vissuta così. La mia compagna mi ha raggiunto dopo tre settimane di cammino
nel nord della Francia, percorrendo con me circa 450 chilometri (altre tre
settimane), fino a Lausanne in Svizzera, dove ha preso il treno per il
rientro a casa. L'ultima
tappa, il 24 settembre, dalla basilica di San Nicola, a Bari, fino a Cassano, l'ho percorsa a piedi.
Era una promessa fatta nella chiesa di un piccolo villaggio del nord
della Francia, Amettes.
Qual è stata l'esperienza che più ti ha colpito durante il tragitto?
In
realtà non saprei scegliere. Direi l'intero itinerario, gli
incontri, il silenzio dei boschi. Sono tutte esperienze che mi hanno
colpito profondamente.
In Francia, a differenza che in Italia, non è semplice trovare cibo nei
villaggi, in molti dei quali non esiste nemmeno un bar. Soprattutto nel
weekend. Sabato pomeriggio, domenica e lunedi mattina qualsiasi esercizio
commerciale - dico qualsiasi - era chiuso.
Nelle città questo non accadeva. Bisognava organizzarsi dal sabato mattina o dal venerdì per i
successivi due giorni. Purtroppo non sempre è stato possibile. Una volta
abbiamo mangiato solo una carota e mezza a testa in quasi due giorni. No
comment!
Gli
alloggi, ovviamente, sono di tipo povero. Conventi, abbazie, istituti
religiosi, centri culturali messi a disposizione dai Comuni per i
pellegrini, ostelli creati ad hoc per la Francigena, soprattutto in
Italia. Per accedervi, bisognava presentare la Credenziale, una sorta
di passaporto del pellegrino, da richiedere prima di partire e da
timbrare ad ogni tappa. Inoltre,
per sedici notti, sono stato ospite di host iscritti al sito couchsurfing, che mi hanno offerto anche la cena. A volte abbiamo ed ho cucinato.
Esperienze umane incredibili.
Che cosa ha cambiato in te - e nella tua vita - questo viaggio?
Forse
è presto per dirlo, mi sento ancora nostalgico verso questa
esperienza. Probabilmente sono cambiati i rapporti con le persone e
con il mio territorio. Mi rendo conto di dare un valore diverso alle
cose, di ricercare le esperienze semplici e vere, di essere più
essenziale in ciò che faccio e possiedo. Mi sono reso conto che ho
vissuto tre mesi felici solo con uno zaino addosso. Spesso ci riempiamo di
oggetti, di auto grandi, giocattoli sempre più tecnologici, che ci danno
un finto benessere. Non è demagogia, l'ho sperimentato sulla mia pelle. È cambiato anche il rapporto con la mia compagna. Un'esperienza forte, che consiglio a tutte le coppie.
Purtroppo solo con la mente e con la fantasia. Se intendi viaggio come scoperta di sé e degli altri, allora la risposta è sì. Sono sempre in cammino, che è diverso.
Che cosa significa, per te, viaggiare?
Oltre
a viaggiare, mi occupo di viaggi per lavoro, pertanto per me viaggiare è
sinonimo di vivere. Non esiste vita senza viaggio. Il viaggio, non
necessariamente dall'altra parte del mondo, presuppone curiosità e
apertura all'incontro, alla scoperta, all'imprevisto. In viaggio, tutti i
sensi sono e devono essere allertati. Viaggiare - e camminare - mi fa
stare bene, anche fisicamente. Credo
che il viaggio a piedi, a pochi chilometri da casa o lontano, sia un'esperienza
forte, vera, che permette di entrare in un
territorio, in un paese, con il fisico e con la mente. Quando cammini, non hai filtri, non hai
maschere. La gente che incontri lo sente, si avvicina e spesso - purtroppo non in Italia - ti sorride. A tutti coloro che soffrono di
depressione, che sono tristi, che non trovano risposte alla propria vita, io
consiglio di mettersi in cammino per diversi giorni. Camminare ti
cambia, quasi sempre in meglio.
partire... camminare... viaggiare... che voglia di riprendere lo zaino...
RispondiEliminaLara