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Peter Moore |
Si definisce «un vagabondo abbastanza fortunato da riuscire
a sostenere con la scrittura la sua insaziabile voglia di viaggi». Il
giornalista australiano Peter Moore di strada ne ha già fatta tanta. L’amore folle
per viaggi e scrittura può essere curato in un solo modo. Prendendo lo zaino e
mettendosi in cammino. Anche quando le tasche sono vuote. Come? Moore lo spiega
nel suo libro La strada sbagliata.
Partenza, Londra. Destinazione, Sidney. Ma senza mai salire
su un aereo. Percorrere distanze significa semplicemente riempirle. Oppure
trasformare l’itinerario intrapreso in una curiosa e divertente avventura. Lo
scrittore australiano decide di tornare a casa via terra. Una scelta obbligata,
dal momento che non ha abbastanza soldi per «volare». Attraversa Europa, Medio
Oriente e Asia. Incrocia volti e tradizioni differenti, si imbatte in situazioni
inaspettate e, a volte, anche inquietanti. Con distanze così lunghe è facile sbagliare
strada. Ma le difficoltà vengono ricompensate dall’esperienza affrontata. «Se
non fossi stato senza il becco di un quattrino - scrive Moore nel suo romanzo on the road - sono sicuro che mi sarei
voltato, pronto a ripartire in quel preciso istante».
Lo scrittore viaggia in autobus da Londra a Praga, poi prosegue
in treno verso Budapest e, con una svolta improvvisa e irrazionale, si dirige
verso la ex Jugoslavia e l’Albania. In otto mesi attraversa Iran, Afghanistan,
India e Thailandia. Approda a Singapore e arriva, infine, nella sua terra
natia, l’Australia.
In fondo, solo così Moore può osservare per scrivere. Il suo
viaggio si sarebbe ridotto ad una manciata di ore da trascorrere in aereo. E,
invece, è diventato itinerario di scoperta. Curiosa e non proprio rosea la
descrizione che il giornalista fa dei turisti italiani. «Altrettanto numerosi, passavano urlando e discutendo in modo concitato come se Praga fosse il loro
manicomio privato. Se c’è una cosa che ho imparato durante i miei viaggi è
questa: non puoi portare gli italiani da nessuna parte. Sul ponte Carlo, uno di
loro si mise disteso per fare una fotografia e nel giro di un minuto tutti lo
imitarono. Fuori dalla basilica di San Giorgio, improvvisarono una partita di
pallavolo. Al castello, un gruppo di turisti italiani oltrepassò le transenne
che trattenevano la folla per andare a vedere il cambio della guardia.
Avanzavano allegramente, sorridendo e salutando, convinti che la folla si fosse
radunata per loro. Ma la cosa che più mi fa innervosire è che fanno tutte
queste cose con stile».
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