annamaria9683@libero.it
Il tempo è l'unico funambolo che riesce a percorrere il filo
sottile della riflessione. Il 27 gennaio di 69 anni fa vennero abbattuti i
cancelli del campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia. La persecuzione di un
intero popolo grida ancora disperazione perché non bastano due colpi di spugna per cancellare
la follia umana. La storia parla chiaro, insieme a documenti e testimonianze.
Milioni di ebrei, resi schiavi senza resa dall’idea di una purificazione
mondiale, hanno pagato con la vita la sete di potere.
Il dito del mondo puntato contro la Germania, costruttrice colpevole della macchina della vergogna, non può cancellare gli interrogativi.
Perché non è stato fatto nulla nel 1935, anno dell’approvazione delle leggi di
Norimberga, e nel 1938, data di emanazione delle leggi razziali in Italia?
Sfogliando le pagine del passato, risulta facile provare come gli ebrei non
abbiano conosciuto tregua nemmeno quando Israele, con Pompeo, divenne provincia
romana. Roma riconobbe e rispettò il monoteismo di questo popolo, ma ne
contrastò la ricerca di autonomia con la diaspora di Tito, nel 70 d. C. E
durante il Medioevo, gli ebrei furono perseguitati e tacciati di usura. I
cristiani li definirono traditori di Cristo perché avevano preferito Barabba al Messia. Con le Crociate, la situazione peggiorò. Solamente il Concilio di Trento, nel 1563, cancellò l’accusa agli ebrei di deicidio. Ma, nel 1855, Joseph Arthur de Gobineau, nel «Saggio sull’ineguaglianza delle
razze umane», contrappose alla razza semita, considerata inferiore, quella
ariana.
Nel Mein Kampf, Adolf Hitler scriveva che «il primo compito della
Germania non è quello di creare una Costituzione nazionale, ma quello di
eliminare gli ebrei. Si pensi - aggiungeva - alle devastazioni che
l’imbastardimento giudaico appresta ogni giorno al popolo nostro. Un popolo di
razza pura, che è cosciente del suo sangue, non sarà mai assoggettato
dall’ebreo».
E mentre la sua mente progettava e attuava lo sterminio, la
penna di Anna Frank, tredicenne ebrea costretta a nascondersi in Olanda con la
famiglia, si sfogava con un diario, Kitty. «È un gran miracolo - le parole fanno eco tra
le pagine - che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse
sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto. Continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo».
Oggi è necessario ricordare per non ripetere più gli errori della Shoah. Le armi dello sterminio mutano, ma restano comunque armi, pronte ad
annientare la vita e la dignità. La solitudine, i pregiudizi, le guerre,
la fame, le malattie, i viaggi della speranza degli immigrati su imbarcazioni
di fortuna che diventano strumenti di tortura, il fantasma della disoccupazione…
sono tutti potenziali campi di concentramento della disperazione umana.
Le
vittime della mafia e di una società che non sa più ascoltare, i bambini a cui
vengono negati i diritti, i poveri in cerca di una solidarietà ormai avara…
tutti mostrano il volto segnato dei prigionieri di Auschwitz.
Oggi più che mai la riflessione non ruba tempo alla frenesia
della quotidianità, ma le restituisce un briciolo di senso. Quanto basta per
rivalutare ciò che è davvero importante. Perché non siamo numeri. Siamo uomini.
Cliccando qui, si può visitare il Museo della Shoah, un
centro di documentazione on-line sull'internamento e la prigionia come pratiche
di repressione messe in atto dallo Stato italiano nel periodo che va dalla
presa del potere da parte di Benito Mussolini (1922) fino alla fine della
seconda guerra mondiale (1945). Sono catalogati i luoghi della memoria in
Italia. La sezione documenti contiene un elenco di libri, film e
siti internet riguardanti la Shoah.
Colonna sonora: Clint Mansell, Lux aeterna
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