Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare (Tarkovskij).
È primo pomeriggio quando arrivo a Tivoli (Rm). Il sole
gioca a nascondino con le nuvole, ma l’aria calda accarezza ogni angolo della
città. Numerosi turisti passeggiano per le vie del borgo antico. Li riconosco
dagli sguardi attenti a cogliere tracce e segni del tempo. Anch’io cerco
qualcosa. Villa Gregoriana, nel cuore di Tivoli, unisce la maestosa bellezza di
una natura selvaggia all’opera creata, attraverso i secoli, dalle mani
dell’uomo.
Scorci di questo incantevole paesaggio sono stati dipinti da
innumerevoli artisti e ripresi, nelle loro opere, da poeti e scrittori. Fra
Settecento ed Ottocento, diversi viaggiatori non hanno potuto fare a meno di
soffermarsi su tali scenari, rapiti soprattutto dall’impeto della grande
cascata dell’Aniene. Un fiume «delizioso», secondo Plinio il Giovane, ma pronto
a scatenare grandi «sciagure». L’acqua abbraccia tutto il parco. A tratti
scivola lenta tra rocce e piante. A tratti scorre violenta, per gettarsi, improvvisamente, nelle braccia dell’aria.
Villa Gregoriana fu voluta da papa Gregorio XVI dopo la
deviazione del millenario fiume Aniene. Il corso d’acqua aveva più volte
distrutto, con le sue piene, il territorio circostante. L’ennesima, disastrosa
piena si ebbe nel 1826. Lo Stato Pontificio intervenne per cercare una
soluzione definitiva. Fu bandito un concorso europeo a cui parteciparono
numerosi ingegneri, non solamente italiani. Ma dei ventitré progetti presentati,
nessuno produsse soluzioni convincenti. L’ingegner Clemente Foschi propose,
allora, di realizzare un doppio traforo nel monte Catillo per convogliare le
acque dell’Aniene sul lato opposto della città, dando vita alla Grande Cascata.
La stessa che si può ammirare ancora oggi all’interno di Villa Gregoriana. Papa
Gregorio XVI firmò, nel 1832, non solo l’ordine di esecuzione del progetto del
Foschi, ma anche quello relativo alla sistemazione di tutta l’area per la
creazione di un parco. Il Fondo per l’Ambiente Italiano, dopo un lungo lavoro
di recupero, nel 2005 ha
riaperto la Villa
al pubblico.
Mi preparo a scendere nelle viscere della terra, dove il
cielo si vede, ma appare lontano dall’uomo. Fra grotte, anfratti, ruderi e
l’essenza più genuina della natura. Villa Gregoriana coincide con la cosiddetta
Valle dell’Inferno, il baratro profondo oltre 120 metri in cui
precipita la Grande Cascata.
All’ombra di una fitta vegetazione e su sentieri coperti da
foglie ingiallite, intraprendo questo viaggio affascinante e caratterizzato da
qualche piacevole imprevisto. Ad accogliermi, una lunga serie di targhe in
marmo con i nomi di illustri visitatori. Lungo il percorso intravedo alcune
colonne e diverse statue provenienti dalla vicina necropoli. Sono circondate da
un tappeto di fiori color del glicine. Mi affaccio sui trafori del monte
Catillo. Il panorama lascia senza fiato. Proseguo verso i ruderi della lussuosa
villa di Manlio Vopisco, console a Roma agli inizi del II secolo d. C. I ruderi
rimasti erano sottostanti alla residenza originaria.
Basta una breve sosta presso il belvedere sulla Grande Cascata
per cogliere il gioco di colori creato dall’arcobaleno. Mi ritrovo nella radura
di Ponte Lupo, fra rivoli d’acqua e cascatelle, quando comincia piovere. A
pochi passi, al centro della Valle dell’Inferno, c’è la grotta delle Sirene.
Nel silenzio della natura ed insieme a qualche altro visitatore, attendo qui
per quasi un’ora. Tempo che passa veloce, perché sembra di essere in un’altra
realtà. Gli effetti creati dal temporale si rivelano magici.
Concludo con il sole il mio percorso. Lungo il tragitto, il
cunicolo del Miollis, un traforo scavato nella roccia agli inizi del 1800 per
raggiungere la grotta di Nettuno, interamente plasmata dalle acque dell’Aniene.
Penso al verso dantesco «E quindi uscimmo a riveder le stelle» quando mi
ritrovo davanti ai templi di Vesta (I secolo a. C.) e della Sibilla (II secolo
a. C.). È ancora giorno, nonostante il tragitto sia durato circa tre ore. Ho voglia di camminare. Esperienze così belle sono attimi che bisogna
cogliere al volo.
Colonna sonora: Yiruma, River flows in you - Kiss the rain
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