sabato 29 giugno 2013

Patagonia Express

di Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it

«Bene, eccoci qua, dico sottovoce, e un gabbiano si volta a guardarmi un istante. Un altro matto, penserà il gabbiano, perché in realtà sono solo, davanti al mare, a Chonchi, un porto dell'Isola Grande di Chiloé, nell'estremo sud del mondo. Aspetto che diano l'ordine di salire sul Colono, un traghetto verniciato di rosso e di bianco, che, dopo vari decenni passati a navigare nel Mar Baltico, Mediterraneo e Adriatico, è venuto a galleggiare sulle fredde, profonde e imprevedibili acque australi».

È facile lasciarsi trascinare dai pensieri quando davanti all’uomo c’è solamente il mare. Luis Sepúlveda li ferma nell’istante in cui nascono, raccogliendo quelle tracce invisibili su fogli di carta ancora bianchi. Destinazione Patagonia, un puzzle di luoghi incantati che sembrano non appartenere a questo mondo. Lo scrittore cileno non può fare a meno di citare i gabbiani. Il loro volo è simile al passo lento e curioso dei viaggiatori, sospesi fra cammini mai stanchi e soste che durano attimi. Le mete sono punti di partenza per inseguire la libertà. Sospesa anch’essa fra cielo e mare. Proprio come i gabbiani.

L’avventura di Sepúlveda diventa diario di viaggio. Qui emozioni e stati d’animo si mescolano con la descrizione di luoghi non solo visitati, ma anche vissuti. Ogni incontro rappresenta una componente fondamentale dell’esperienza dell’autore. Perché vivere quel luogo significa incontrarlo nella gente che lo vive quotidianamente.

«Patagonia Express» è un affresco della Patagonia e della Terra del Fuoco, dipinte attraverso persone conosciute o solamente incrociate. Lo scrittore si sofferma sugli abitanti del posto, su usi e costumi che fanno la loro storia. La storia di una terra ancora intatta. Lungo il cammino, Sepúlveda s’imbatte nell’anziano Eznaola, che attraversa i canali cercando un vascello fantasma, e nei gauchos, che ogni anno organizzano il campionato di bugie.

Sullo sfondo, i paesaggi fiabeschi del sud del mondo. Alla fine del suo viaggio, Sepúlveda non è più solo. «La notte di Santiago - scrive - sembrava non meno calda del giorno. Iniziai a camminare nel parco, poi per le strade deserte, e all'improvviso mi accorsi che l'eco dei miei passi si moltiplicava. Non ero solo. Non sarei stato solo mai più. Coloane mi aveva passato i suoi fantasmi, i suoi personaggi, gli indio e gli emigranti di tutte le latitudini che abitano la Patagonia e la Terra del Fuoco, i suoi marinai e i suoi vagabondi del mare. Adesso sono tutti con me e mi permettono di dire a voce alta che vivere è un magnifico esercizio».



Colonna sonora: Yiruma, The view from my window


Nessun commento:

Posta un commento