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L’articolo che segue era destinato - come gli altri, d’altronde - alla mia rubrica personale di storie minime. Allo stesso tempo, però, è proposta di soggetto culturale ed esercizio di pratica consapevole di lingua parlata. Scritta per l’occasione.
Dovete sapere… per non farvela lunga, abbrevio.
Prima di trasferirmi in Alto Adige, paesaggio di montagne e regione ricca di varia vegetazione, avevo preso l’abitudine di portare la famiglia in vacanza dalle parti del Lago Maggiore: per l’esattezza, nella Valle Strona, tra il Lago d’Orta e il Lago Maggiore (o, meglio, il piccolo Lago Mergozzo) - all’epoca provincia di Novara - con, di fronte, il Mottarone. Per me, convinto, fino a quel momento, che la vacanza fosse un lusso, essa divenne una necessità dopo la nascita di tre figli in tre anni. Si era nell’anno successivo alla pubblicazione del romanzo-racconto di Gianni Rodari C’era due volte il barone Lamberto, ovvero i misteri dell’isola di San Giulio (1978).
Lago d'Orta, isola di San Giulio
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Sicché, per la vacanza dell'estate 1979, sembrò inevitabile, quasi un obbligo, oltre che visitare Omegna, città natale di Rodari, che già conoscevamo per averla vista negli anni precedenti, fare un’escursione sull’isola di San Giulio, al centro del lago d’Orta, sede di quei misteri di cui si narravano le meraviglie nel nuovo romanzo.
Paulownia tomentosa |
Paulownia tomentosa |
Continua nel prossimo reportage.
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