Antoine De Saint Exupéry e
Alejandro Guillermo Roemmers. Due scrittori che hanno inseguito le orme di
un’infanzia capace di rivivere nel cuore degli adulti. «Il Piccolo Principe»
riesce a sentire le stelle suonare «come fossero cinquecento milioni di
sonagli». Anche quando cresce e, ormai adolescente, decide di tornare sulla
terra. Si ritrova accasciato sul ciglio di una strada della Patagonia, in
cattive condizioni per la stanchezza e la fame. «Fagotto dall’aspetto strano»,
lo definisce Roemmers. Ma un viaggiatore solitario nota i capelli d’oro e il
corpo esile del giovane. Si ferma e lo soccorre, offrendogli la propria automobile
come rifugio temporaneo. L’incontro diventa amicizia e i due, mentre
girovagano, cominciano ad interrogarsi sull’esistenza e sulla quotidianità, sui
valori e sui sentimenti. Proprio come accade nell’opera prima di Antoine De
Saint Exupéry.
«Il ritorno del giovane
principe» rappresenta una sorta di continuazione della storia pensata dallo scrittore
francese morto nel 1944, mentre svolgeva delle missioni di ricognizione sul suo
aereo. Dal 6 aprile 1943, anno di pubblicazione de «Il Piccolo Principe»,
diversi sono stati i tentativi di trovare un sequel al romanzo, divenuto famoso
in tutto il mondo. Antoine De Saint Exupéry, alla fine del libro, parla
dell’Africa e del deserto del Sahara come luogo di un possibile ritorno del
bambino dai capelli d’oro. L’argentino Roemmers gli cambia l’età e lo fa
approdare in Patagonia.
Resta il fatto che al
centro dei due libri c’è un viaggio particolare, che non ha tempi né spazi.
Quello nell’interiorità umana. Nei meandri delle sue tante domande.
Nell’affanno dell’uomo che cerca traguardi tanto inutili quanto dannosi. Tutto,
invece, è racchiuso nell’attesa semplice di un bambino capace di stupirsi davanti ai tramonti. Preoccupato per la sua rosa. Unica, rara e preziosa perché
curata giorno dopo giorno. Il bambino che vuole dall’aviatore il disegno di una
pecora e il giovane riverso sul ciglio della strada parlano un linguaggio che
gli adulti potrebbero ancora comprendere. Se solo provassero a mettersi in
ascolto.
Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it
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