Tris di polenta con funghi, cervo e salsiccia |
Sali la serpentina di curve strette con la macchina che
arranca e sbuffa perché l’aria condizionata è accesa e le toglie la spinta. Il
cd che la tua compagna di viaggio ha preparato è perfetto e sembra quasi una
meditazione in parole e musica. Hai tanti pensieri che si accumulano in testa e
la canzone di Arisa “Pace” sembra accendere una piccola luce nell’intrigo
complicato delle tue emozioni. Destra, sinistra, arriva una macchina dritta, la
scansi. I cartelli delle frazioni ti accompagnano, finché non giungi a destinazione. Si apre una
piazza piccola e accogliente, parcheggi e scendi. Tiri dentro una bella boccata
d’aria fresca, dopo un’estate passata a boccheggiare. Ti guardi intorno, sei
circondato dall’imponenza ferma delle montagne che cingono questa deliziosa città piemontese in provincia di Verbania, Macugnaga. Noti subito le minute
costruzioni in legno antico, alcune baite alpine un po’ più in alto e il gioco
di luci e ombre che la montagna alla tua destra, il Monte Moro, sa mettere in
scena con il sole dietro di lei. Sei partito accettando l’incertezza emotiva
che vivevi in quel periodo, non hai una prenotazione per la sera, le prime ore
le passi cercando un posto dove alloggiare. Ma va bene, per ora, è bello così:
siete cullati dal sottile tremito della serendipità, che alla fine risponde
sempre. Vai a mangiare in un ristorante piccolino, lì, di fronte all’alloggio,
quasi attirato magneticamente da una scia di profumo. Sarà la prima magnifica
polenta e funghi che mangi in questa permanenza, non l’unica.
Al Lago delle fate
- «La montagna è un luogo dell’Essere, per come la vedo io. È un luogo di
visioni, di segni, di simboli, di bellezza palpabile e concreta. E anche “il
fare” di montagna, come la camminata, la scalata, la più breve passeggiata o
la mangiata, si trasformano, spesso, in momenti di contemplazione. O, ancor meglio, di spegnimento dei pensieri cittadini». Riflettevo così, tra me e me,
dimostrando a me stesso che i pensieri erano ancora ben attivi. C’era bisogno
di andare fuori e, in qualche modo, di andare dentro di me, di conseguenza.
Così io e Sara siamo partiti, dopo un attimo di esitazione, per un sentiero
sulla montagna, verso il piccolo bacino del Lago delle fate. C’ero già stato
qualche anno fa.
Il Lago delle Fate |
Ho notato, nella nuova salita, di non ricordare quasi niente
della prima camminata che avevo fatto. Le percezioni di spazio e tempo erano
molto diverse, le emozioni da superare, rispetto ad allora, molto più intense.
Ricordo quasi ogni passo, quasi ogni pensiero scansato, ricordo gli squarci di
infinita bellezza che ti aspettano dopo ogni curva, dopo ogni piccolo tratto
oltrepassato. Si arriva al laghetto, adagiato lì come uno specchio capace di
includere quasi tutto il cielo turchese, spazzato quel giorno da un vento
cocciuto. E si mangia, di nuovo, di puro gusto e godimento, una polenta d’oro
con una cascata di formaggio fuso, alla faccia della dieta! Nei giorni seguenti è arrivato pure il brutto tempo, un
classico di montagna. Si sta in casa, ci si rilassa, si cerca di leggere
qualcosa tra un momento di relax e l’altro. Buttando lo sguardo fuori dalla
finestra c’è il Monte Rosa, col suo corpaccione imponente, che aspetta una
visita ravvicinata.
Salita al Monte Moro - La funivia è lì che aspetta. Questo gabbiotto colorato di blu, quasi ridicolo
da vedere, che porta in un lampo piccoli uomini nel ventre della montagna, ti
sta invitando da giorni. Ci giri in giro, lo studi bene. Se credi di affrontare
la salita con la ragione, non ci andrai. Quindi serve un lampo di incoscienza,
che arriva, e sei dentro. Stai salendo, piano piano, oscillando, da 1300 a 3000 metri. I passaggi sui piloni della funivia ti mandano lo stomaco in gola
facendoti sentire piccolo e sicuramente indifeso al cospetto della grande
montagna. E quando arrivi, metti piedi al suolo, ti sembra di essere atterrato
sulla Luna. Se avessi una bandiera con te, la pianteresti lì, con scritto «Io ci
sono stato». L’aria è praticamente senza ossigeno, quindi, dopo pochi attimi
euforici, ti inizia a girare la testa. Ti devi sedere, guardandoti intorno.
In attesa della funivia |
Fabio Castano
castano.fabio@libero.it
bello l'articolo .... però la foto iniziale è un attentato!!! :-)
RispondiEliminaCiao Marco
Grazie Marco! La foto iniziale è un attentato alla linea, hai ragione. Ma fa niente, era troppo buono quel tris di polenta. A presto, Fabio ;-)
RispondiEliminaGrazie, in fondo raccontiamo ciò che abbiamo vissuto e sentito nei nostri viaggi. Cerchiamo di trasmetterlo a chi ci legge. E i "sognatori" riescono sempre a percepire nella scrittura sensazioni ed emozioni spesso "nascoste" fra una parola e l'altra ;)
RispondiEliminaA presto