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Fontana delle novantanove cannelle |
L’Aquila. Tre anni dopo. Ora
come allora, almeno dentro di me. Cammino lungo corso Vittorio Emanuele e corso
Federico II e le sensazioni si fanno vive. Intense. Rimbalzano nell’anima senza
saper spiegare. Rivedo mucchietti di macerie nelle viuzze del centro storico. E
interi palazzi abbandonati. O vestiti di impalcature. Parlano il linguaggio del
silenzio. Pezze colorate ricoprono panchine, colonne e scale. Ridanno luce ad
un borgo distrutto dal sisma e privo di forze per rialzarsi. Non ce la fa da
solo. In alcuni negozi tutto è rimasto immobile dal 6 aprile 2009. Nessuno ci
ha messo più piede e il segno dei crolli non può passare inosservato. Come le
crepe sui muri. Resta la ferita di un cuore che fa fatica a pulsare.
Dalla zona Torrione
percorro a piedi il tratto di strada che conduce alla Fontana luminosa, all’ingresso
del centro storico. Incanta il gioco di luci e di riflessi sull’acqua. Respiro
il fresco dei luoghi montani, mentre il verde dei parchi fiancheggia la mia
passeggiata. È tardo pomeriggio e in lontananza due nuvolette avvolgono la
vette, inondate di sole. L’Abruzzo farebbe innamorare anche il più restio degli
uomini. Ha l’incanto delle bellezze misteriose e senza tempo.
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Il Forte spagnolo cinquecentesco |
L’esercito presidia ancora
l’ingresso e l’uscita del borgo antico. Di sera i locali lo rianimano e giovani
gruppi musicali ce la mettono tutta per ridare voce alla città. I visitatori
fotografano gli edifici sopravvissuti e frammenti di macerie, diventati
un’attrattiva turistica. Ci sarebbe un po’ più di sensibilità se solo si
pensasse che sotto quelle macerie qualcuno ha perso la vita. Dopo tre anni, in
diversi punti i cartelli segnalano ancora zona rossa. E il dramma di chi
prepotentemente è stato portato via dalla propria casa rivive nelle parole
raccontate agli sconosciuti.
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Fontana luminosa |
L’Aquila. Tre anni dopo. Incorniciata
dal fiume Aterno e dal Gran Sasso d’Italia. Ora come allora. In ogni angolo, le
numerose fontane richiamano i quartieri-villaggio che contribuirono a dare un corpo
alla città. Storia e leggenda si mescolano nelle memorie di una fondazione
voluta da Federico II di Svevia. Secondo la tradizione - e lo testimonia anche
la documentazione dell’epoca conservata negli archivi cittadini - furono i
castelli dei contadi limitrofi ad unire le forze per costituire un unico
centro. Novantanove o sessanta resta un mistero. Ferita più volte, e sin dal
XIV secolo, da violenti eventi sismici, L’Aquila continua a ricordare, oltre al
terremoto del 2009, anche quello del 1703, che la rase al suolo.
Spiccano, lungo la strada,
le case in legno della ricostruzione. Ma
la paura c’è ancora. E tanta. Lo testimoniano le roulotte lasciate sotto le
abitazioni. Le chiese mostrano un volto inevitabilmente danneggiato. In alcune
è impossibile entrare e le celebrazioni si svolgono in tendoni che durante la
stagione estiva diventano roventi. La città ospita la prima Porta Santa
costruita nel mondo, quella della Basilica di Collemaggio. L’edificio fu voluto
dall’eremita Pietro del Morrone, poi divenuto papa Celestino V.
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Il Forte spagnolo cinquecentesco |
Appese ai cantieri nel centro
storico, le chiavi degli aquilani che hanno perso la casa o una persona cara
nel sisma del 2009. E a pochi passi da Piazza Duomo, sulla vetrina di un
esercizio commerciale, «costellazioni» di post-it lasciati da cittadini e
passanti per non dimenticare. L’Aquila nel cuore. Ora più di allora. Quando
nelle tendopoli, a fine giornata, si pensava a come strappare un sorriso a chi
non riusciva più a credere in niente. La vita lascia dei segni che non possono
essere ignorati. Ti riporta in luoghi di cui non riesci più a fare a meno. È il
mistero delle cose belle. Nate inaspettatamente da un evento tragico.
Nella frescura serale
dell’estate aquilana, guardo il cielo e le stelle sembrano più vicine. Penso ai
riflettori spenti su una città che ha bisogno di attenzioni. Che
conserva tesori di inestimabile valore, come il cinquecentesco Forte spagnolo, non ancora agibile. Rincorro le parole e le fermo su un foglio di
carta. Una domanda improvvisa. La stessa. Da mesi. Come si fa a non essere
innamorati dell’Abruzzo?
Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it
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Basilica Santa Maria di Collemaggio
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Basilica Santa Maria di Collemaggio - interni
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Basilica Santa Maria di Collemaggio - interni | | | | | | | | | | | | | | | | |
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Basilica Santa Maria di Collemaggio - interni |
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Danni provocati dal sisma - tre anni dopo
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Casa dello studente |
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