Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l'uomo deve poter viaggiare (Tarkovskij).
lunedì 18 novembre 2013
Dalla Puglia all'Abruzzo, cinquant'anni fa (parte terza)
Mi
porto a pochi chilometri, presso l’oratorio di Santa Maria delle Grazie, il luogo
dove trovò compimento l’insegnamento benedettino ora et labora e che fu a corredo della crescita e dello sviluppo della scuola. L’aspetto esterno del fabbricato è semplice, umile e ricco nella sua
nudità. Muovo dei passi lenti sperando di nutrire il pensiero di alcune tracce
di sapienza. Non vedo alcun frate e la chiesetta è chiusa. Capisco che
anche qui l’aratro del tempo ha scavato un solco profondo tra la terra e il
cielo. Cerco di avere qualche notizia e raccolgo la storia curiosa della
presenza di due Madonne.
Risalgono alla decisione dei signori del paese di sostituire
la statua della Madonna delle Grazie, logora e vecchia, con una nuova. Nel
giorno della festa ci fu una tempesta di vento e grandine che distrusse l'intero raccolto. L’offesa alla Madonna aveva
portato a considerare questo evento calamitoso come una punizione e, quindi, i
contadini decisero di tenere per sé la vecchia statua e di lasciare ai signori la
nuova.
Conquesta carezza della storia umana, vado a recuperare il ricordo di un giorno
indimenticabile. Eravamo nel vigneto della scuola. Tra il vociare dei compagni di
classe e l’ululato del vento, prestai lo sguardo ed i pensieri al monastero
e ai monti del Gran Sasso piuttosto
che alla lezione del professore, intento a spiegare la potatura della vite a
Guyot. Separato dal mondo, mi unii al cielo per vivere come un’onda o una foglia,
libero e leggero. Ed oggi, come allora, sento pulsare nel mio cuore lo stesso
soffio di libertà e di leggerezza. E leggero si fa il mio corpo come la mia
anima. E gli occhi corrono a mirare l’orizzonte, fin sulla cima dei monti, dove
si liberano di quel che è personale, diventando stelle che osservano la
terra e il luogo dove maturò, nelle cure di precettori e domestici, una società
sana e fertile in un’epoca povera di beni, ma ricca di fede. In una povertà dove
tutto era prezioso, il pane e pomodoro, l’acqua fresca della fontana, il
cappotto del fratello grande passato al piccolo, la bicicletta arrugginita
riparata mille volte, la sdrucita borsa della scuola degli anni precedenti, il
calore della casa, della famiglia numerosa, con la nonna che regalava solo
tenerezze.
Spoglio della veste mondana,
mi avvicino in silenzio a quello spazio riempito dal cielo, dove riposano
coloro che hanno dedicato la loro vita a diverse generazioni. In quello spazio
dove tutto ciò che siamo non si perde nell’imbuto del tempo e dove ogni volto
non viene inabissato nel nulla o nel niente, ma ricorda sempre la presenza ed
il passaggio. Con le ali del mio spirito, salgo fino a loro per cogliere amore puro. Qui la vita ha
ripreso ad abitare perché vi è sempre stata.
Riprendo
la strada del ritorno e le due tortore non ci sono. Hanno portato altrove i ricordi, lasciando minuscoli granelli di felicità, nutrimento dei giorni della passata giovinezza e alimento odierno del cuore e degli occhi della mia anima. Li hanno portati altrove per ammirare le bellezze del
creato, per continuare a respirare la stessa aria, la stessa storia, la stessa
magia, le stesse emozioni racchiuse in quella stradina tra le due torri del
paese. Un paese che non dimentichi perché ancora ti appartiene, sempre
vicino nella sua lontananza, perché lo ami, lo sogni e lo insegui. Un paese che
ti resta per sempre perché custodisce, come in una cassaforte, le perle più
preziose della tua vita e che coltivi dentro di te.
Nino Carrabba
Non
sono il sognatore nostalgico di passati conclusi, andati per sempre, temporis acti, ma il
cacciatore di ombre sulle mura di una scuola sempre viva e senza riposo. Non
sono l’ultimo romantico in cerca di ricordi seminati nei campi delle contrade,
sui banchi delle aule, negli angoli delle strade, sui monti incappucciati... e
nemmeno l’esploratore solitario di sogni perduti o d’amori spesi e ricevuti. Neppure il ricercatore di tracce nascoste, ma il custode di un
patrimonio di valori, di ideali, di memorie sensibili e condivise che ci
costituiscono al mondo. Ed ancora, il collezionista di storia educativa, di
quella storia che costruì uomini con passione, con ardore, con batticuore e
con una stessa comunione di intenti e di principi. A significare
che la vita non va solo pienamente vissuta, ma anche dedicata.
A Itaca si torna per ripartire.
Colonna sonora: David Garrett, November rain (Guns N' Roses)
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