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Donne senza veli.
Nel mondo occidentale sono pane quotidiano per i giornali di gossip, alla ricerca di nudità che fanno vendere. E il corpo diventa una bancarella alla mercé di tutti, che offre a saldo la dignità umana. Libertà negata dai lacci delle apparenze, stretti attorno al vuoto.
Nel mondo orientale sono madri, mogli, nonne e adolescenti pronte a strappare qualche diritto in più dalle mani di chi decide per loro. Costrette ad indossare l'hijab, imposto dopo la rivoluzione islamica del 1979, le donne iraniane scoprono capo e volto rischiando frustate e prigione. Lo fanno su facebook, dove stanno pubblicando decine e decine di fotografie che le ritraggono senza il velo.
Non c'è divieto che tenga di fronte al sapore della libertà riconquistata, anche se per il tempo di uno scatto. Una libertà illusoria, perché l'obbligo di mostrare in pubblico solamente gli occhi resta. Ma resta anche la carica «rivoluzionaria» di questa iniziativa, lanciata dalla giornalista Masih Alinejad e che ha raccolto 200mila adesioni in pochi giorni.
Iraniane che aprono le braccia al sole e al cielo, scoprendo capelli e sorrisi. Qualcuna ha la sigaretta in mano, qualcun'altra pedala serena sulla sua bicicletta o passeggia in un campo di fiori lasciando scivolare nel vento l'hijab. C'è chi dipinge e chi indossa un cappello di paglia di fronte al mare.
Donne comuni che vogliono comunicare la loro esistenza e il loro diritto di esistere. Senza velo. A dispetto di chi cerca di renderle invisibili con la legge e in nome della religione. È il Corano, infatti, che viene chiamato in causa quando, nella sura XXIV, si sostiene la necessità di nascondere le bellezze femminili.
E di' alle credenti che abbassino gli sguardi e custodiscano le loro vergogne e non mostrino troppo le loro parti belle, eccetto quel che di fuori appare, e si coprano i seni d'un velo e non mostrino le loro parti belle ad altri che ai loro mariti o ai loro padri o ai loro suoceri o ai loro figli, o ai figli dei loro mariti, o ai loro fratelli, o ai figli dei loro fratelli, o ai figli delle loro sorelle, o alle loro donne, o alle loro schiave, o ai loro servi maschi privi di genitali, o ai fanciulli che non notano le nudità delle donne, e non battano assieme i piedi sì da mostrare le loro bellezze nascoste.
Ma gli obblighi degli ayatollah, questa volta, vengono furtivamente infranti. Le donne senza velo, spesso considerate «di facili costumi» perché rinunciano al drappo che le soffoca, si riprendono il diritto alla libertà. E il dovere di combattere per conservarlo.
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