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Il romanzo nasce dalla volontà di raccontare un Sud diverso,
una terra paralizzata da un sole splendido e atroce allo stesso tempo, in cui
tutto resta immobile.
Giuliana Altamura |
Il silenzio della canicola scioglie l'inchiostro tra i
pensieri di Andrea e Gloria. Fratello e sorella, entrambi ventenni, cercano
strade su strade diverse. Lui studia a Los Angeles, lei sta terminando il liceo in
Puglia, dove i due ragazzi si rivedono per trascorrere insieme le vacanze
estive. È il momento della consapevolezza, perché il sole brucia, non solo sui
corpi. Non solo sui volti...
Giuliana Altamura, 30 anni, ha una penna schietta e
misteriosa, consapevole e diretta, capace di mostrare i sogni, le ombre e le
fragilità dell'adolescenza, protagonista del suo romanzo Corpi di Gloria.
Specchio in cui si riflettono le storie dei protagonisti è la Puglia imbevuta
di luce, che brucia e boccheggia in un'apparente immobilità. Tutto appare
fermo, eppure tutto cambia.
Terre Nomadi ha intervistato la giovane scrittrice barese.
Teatro, letteratura e musica hanno avuto un ruolo
fondamentale nella tua formazione...
A diciott’anni mi sono trasferita a Milano, dove ho
conseguito la laurea in lettere moderne e una specializzazione in filologia.
Nel frattempo mi sono anche diplomata in violino al conservatorio. Ho fatto un
master in sceneggiatura e un dottorato di ricerca in storia del teatro francese
all’Università di Torino.
Che cosa è per te la scrittura?
Per me scrivere è qualcosa di fisiologico, ha a che fare con
una necessità primaria, quella di mettere ordine tramite la parola a ciò che mi
circonda, comprenderlo, lasciare che i significati possano emergere e venire
alla luce.
Sono molto, molto mattiniera, ai limiti dell’insonnia.
Preferisco scrivere all’alba, nel silenzio più assoluto.
Come nasce Corpi di Gloria?
Il romanzo nasce dalla volontà di raccontare un Sud diverso,
una terra paralizzata da un sole splendido e atroce allo stesso tempo, in cui
tutto resta immobile. In Corpi di Gloria questo Sud diventa metafora
dell’adolescenza, di quell’estate eterna della nostra vita in cui sembra che
nulla cambi e, allo stesso tempo, che tutto possa ancora succedere.
...è un romanzo d'esordio scritto «tutto d'un fiato» o ha avuto una gestazione lunga e difficile?
La gestazione lunga e difficile c’è stata, ma ha riguardato il percorso di vita e scrittura che poi mi ha portato a scrivere questo romanzo tutto d’un fiato.
Hai scelto il Sud come ambientazione e, in particolare, la Puglia. Perché?
Sicuramente per ragioni biografiche. Sono luoghi che conosco bene e parte del vissuto emotivo dei miei personaggi, soprattutto quel sentimento ambivalente che li lega alla terra di origine, si avvicina molto al mio.
Nel tuo romanzo si parla anche di viaggi, di partenze, di
andate e ritorni...
Sì, il fratello di Gloria, Andrea, va a studiare negli Stati
Uniti e rientra nel villaggio di Riva Marina per le vacanze estive, dopo un
anno di lontananza. Parte pieno di rabbia, ma torna per poter guardare in
faccia il dolore, per riuscire ad accettarlo, per andare di nuovo incontro alla
sua vita. Ogni partenza da Riva Marina è simbolicamente legata alla crescita,
in quanto abbandono del limbo adolescenziale e dell’infanzia che invece Gloria
vorrebbe eternare.
Il personaggio a cui sei più affezionata?
Forse proprio Andrea. Trovo coraggioso il suo percorso. Mi riferisco anche alla capacità di accettazione che acquisisce alla fine del racconto.
Forse proprio Andrea. Trovo coraggioso il suo percorso. Mi riferisco anche alla capacità di accettazione che acquisisce alla fine del racconto.
Condivido con i miei personaggi buona parte del loro vissuto
emotivo. Da questo punto di vista c’è molto della mia storia, ma non per quanto
riguarda gli avvenimenti del romanzo in senso stretto.
Perché il titolo Corpi di Gloria?
È un titolo che, giocando con il nome proprio Gloria,
rimanda alla dimensione del corpo, centrale nel romanzo. E rimanda anche al
«corpo di gloria» alchemico, ossia all’esito del processo di trasformazione che
porta la materia a liberare lo spirito che la compenetra, metafora del percorso di metamorfosi per eccellenza che è l’adolescenza.
Quando, secondo te, uno scrittore si può definire veramente
tale?
Quando possiede una visione talmente potente e una parola
talmente capace e personale da riuscire a dire al mondo qualcosa del mondo che
era rimasto inespresso.
La scrittura del romanzo ha cambiato qualcosa in te?
Sicuramente. La scrittura è un processo simile a quello che
la mente compie sognando. Assimiliamo, combiniamo, scombiniamo, ricreiamo in
altre forme per un bisogno fisico che ci fa risvegliare. Meglio o peggio di
prima, non importa, ma sempre un po’ più vicini a noi stessi.
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