giovedì 26 giugno 2014

Corpi di Gloria

Intervista all'autrice, Giuliana Altamura
 
terrenomadi@gmail.com

Il romanzo nasce dalla volontà di raccontare un Sud diverso, una terra paralizzata da un sole splendido e atroce allo stesso tempo, in cui tutto resta immobile.

Giuliana Altamura
Il silenzio della canicola scioglie l'inchiostro tra i pensieri di Andrea e Gloria. Fratello e sorella, entrambi ventenni, cercano strade su strade diverse. Lui studia a Los Angeles, lei sta terminando il liceo in Puglia, dove i due ragazzi si rivedono per trascorrere insieme le vacanze estive. È il momento della consapevolezza, perché il sole brucia, non solo sui corpi. Non solo sui volti...

Giuliana Altamura, 30 anni, ha una penna schietta e misteriosa, consapevole e diretta, capace di mostrare i sogni, le ombre e le fragilità dell'adolescenza, protagonista del suo romanzo Corpi di Gloria. Specchio in cui si riflettono le storie dei protagonisti è la Puglia imbevuta di luce, che brucia e boccheggia in un'apparente immobilità. Tutto appare fermo, eppure tutto cambia.

Terre Nomadi ha intervistato la giovane scrittrice barese.

Giuliana, il tuo primo «incontro» con la scrittura?

Difficile ricordare il primo. Sin dalle elementari scrivevo racconti e poesie. Poi, verso i tredici anni, ho buttato giù il mio primo tentativo di romanzo. Ho sempre amato scrivere, è un’inclinazione naturale che ho semplicemente assecondato e nutrito con la lettura e gli stimoli che venivano dallo studio di altre discipline artistiche, come la musica e il teatro.

Teatro, letteratura e musica hanno avuto un ruolo fondamentale nella tua formazione...

A diciott’anni mi sono trasferita a Milano, dove ho conseguito la laurea in lettere moderne e una specializzazione in filologia. Nel frattempo mi sono anche diplomata in violino al conservatorio. Ho fatto un master in sceneggiatura e un dottorato di ricerca in storia del teatro francese all’Università di Torino.

Che cosa è per te la scrittura?
  
Per me scrivere è qualcosa di fisiologico, ha a che fare con una necessità primaria, quella di mettere ordine tramite la parola a ciò che mi circonda, comprenderlo, lasciare che i significati possano emergere e venire alla luce.

Quando scrivi?

Sono molto, molto mattiniera, ai limiti dell’insonnia. Preferisco scrivere all’alba, nel silenzio più assoluto.
  
Come nasce Corpi di Gloria?


Il romanzo nasce dalla volontà di raccontare un Sud diverso, una terra paralizzata da un sole splendido e atroce allo stesso tempo, in cui tutto resta immobile. In Corpi di Gloria questo Sud diventa metafora dell’adolescenza, di quell’estate eterna della nostra vita in cui sembra che nulla cambi e, allo stesso tempo, che tutto possa ancora succedere.
  
...è un romanzo d'esordio scritto «tutto d'un fiato» o ha avuto una gestazione lunga e difficile?

La gestazione lunga e difficile c’è stata, ma ha riguardato il percorso di vita e scrittura che poi mi ha portato a scrivere questo romanzo tutto d’un fiato. 

Hai scelto il Sud come ambientazione e, in particolare, la Puglia. Perché?

Sicuramente per ragioni biografiche. Sono luoghi che conosco bene e parte del vissuto emotivo dei miei personaggi, soprattutto quel sentimento ambivalente che li lega alla terra di origine, si avvicina molto al mio.
  
Nel tuo romanzo si parla anche di viaggi, di partenze, di andate e ritorni...

Sì, il fratello di Gloria, Andrea, va a studiare negli Stati Uniti e rientra nel villaggio di Riva Marina per le vacanze estive, dopo un anno di lontananza. Parte pieno di rabbia, ma torna per poter guardare in faccia il dolore, per riuscire ad accettarlo, per andare di nuovo incontro alla sua vita. Ogni partenza da Riva Marina è simbolicamente legata alla crescita, in quanto abbandono del limbo adolescenziale e dell’infanzia che invece Gloria vorrebbe eternare.
  
Il personaggio a cui sei più affezionata?

Forse proprio Andrea. Trovo coraggioso il suo percorso. Mi riferisco anche alla capacità di accettazione che acquisisce alla fine del racconto.
  
C'è, dunque, qualcosa di autobiografico in ciò che racconti?

Condivido con i miei personaggi buona parte del loro vissuto emotivo. Da questo punto di vista c’è molto della mia storia, ma non per quanto riguarda gli avvenimenti del romanzo in senso stretto.


Perché il titolo Corpi di Gloria?

È un titolo che, giocando con il nome proprio Gloria, rimanda alla dimensione del corpo, centrale nel romanzo. E rimanda anche al «corpo di gloria» alchemico, ossia all’esito del processo di trasformazione che porta la materia a liberare lo spirito che la compenetra, metafora del percorso di metamorfosi per eccellenza che è l’adolescenza.


Quando, secondo te, uno scrittore si può definire veramente tale?

Quando possiede una visione talmente potente e una parola talmente capace e personale da riuscire a dire al mondo qualcosa del mondo che era rimasto inespresso.

La scrittura del romanzo ha cambiato qualcosa in te?

Sicuramente. La scrittura è un processo simile a quello che la mente compie sognando. Assimiliamo, combiniamo, scombiniamo, ricreiamo in altre forme per un bisogno fisico che ci fa risvegliare. Meglio o peggio di prima, non importa, ma sempre un po’ più vicini a noi stessi.


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